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Tiri liberi
Venezia, la Reyer e gli scudetti della pallacanestro, tra Guerra e Resistenza



Gli anni Trenta e Quaranta sono forse l'epoca più drammatica, impegnativa e interessante della storia dello sport. A renderla unica sono le tante vicende, più o meno conosciute, di resistenza o non adesione ai totalitarismi e ai nazionalismi che imperavano in quegli anni. Quella di Matthias Sindelar, il Mozart del pallone, che rifiutò di far parte della nazionale tedesca dopo l'annessione della sua Austria alla Germania. Quella di Jesse Owens, alle Olimpiadi di Berlino, quando trionfò davanti allo sguardo impietrito di Hitler. Quella di Ferdinando Valletti, calciatore operaio del Milan, catturato dalle SS tedesche e deportato dopo aver aderito ad uno sciopero dell'Alfa Romeo nel 1944. Quella di Arpad Weisz, morto ad Auschwitz dopo aver vinto tre scudetti con il Bologna e l'Inter.

Esistono anche storie meno drammatiche, ma ugualmente significative. Tra queste può trovare spazio anche l'epopea della Reyer due volte campione d'Italia nel '42 e nel '43. Sconnessi campi all’aperto, incontri giocati sotto il diluvio, cronometri che corrono troppo veloci, partite decisive terminate fatalmente in inferiorità numerica. Quelle compiute dai ragazzi in canotta granata appaiono autentiche imprese di una pallacanestro eroica. Due titoli che sembravano già assegnati (alla Bruno Mussolini di Roma, intitolata al figlio scomparso del Duce; e alla Virtus Bologna, società per la quale il regime aveva avuto sempre un occhio di riguardo) e che invece finiscono a Venezia portando in città qualche sprazzo di gioia negli anni bui del conflitto. 

È una storia mai raccontata prima d’ora, quella della Reyer due volte campione d’Italia. È una memoria ritrovata che svela l’inconsapevole coraggio di una squadra che contribuisce a chiudere un’epoca e ad aprirne una nuova nel segno dello sport. 



L'autore
Alessandro Tomasutti, esperto di comunicazione istituzionale, per più di dieci anni è stato telecronista della Reyer Venezia, prima per la squadra femminile e dal 2006 al 2014 anche per quella maschile. Si occupa di comunicazione e programmi europei di sviluppo. Nell'ambito dello sportswear ha lavorato per i marchi Diadora e Invicta. E' ideatore e redattore del blog canestridistrada.com
Si professa devoto alla sacra triade Dalipagic-Delibasic-Maravich.




1 commento:

  1. Non ho trovato notizie sulla palestra della Misericordia. Dove giocava la Canon B

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