Era
lo spartiacque della storia recente reyerina e da domenica scorsa non lo è più.
Dal 1987 la Reyer
non partecipava ai playoff per lo scudetto. Era poco più che una chimera
ripetere quel traguardo, un pensiero lontano. Nell’arco di pochi mesi, invece,
è diventata realtà. Anche allora, sotto l’insegna Giomo, la Reyer ci arrivò da
neopromossa, stupendo per lunghi tratti. La matricola di Tonino Zorzi, salita
di serie dopo il terzo posto in A2 dell’anno prima, affrontò a viso aperto un
campionato ricco di squadre competitive e stelle di prima grandezza come
McAdoo, Gervin, Oscar.
Attorno
all’asse Dalipagic-Radovanovic, ruotava un gruppo di giocatori italiani
emergenti, senza pedigree, ma con tanta voglia di stupire. Una squadra che
amava le sfide aperte e i punteggi alti, in cui il talento di Brusamarello, le
doti balistiche di Masetti, la regia di Barbiero, trovarono l’habitat ideale
per esprimersi. Finirà con una serie dall’esito imprevedibile, che vedrà la Reyer cadere proprio sul
traguardo. Si chiuderà con un pizzico di delusione, una grande annata. Nessuno in
quel momento, però, immagina che ci vorranno altri venticinque anni per
ritrovarsi a quei livelli.
È
il 2012 e la Reyer
è di nuovo tra le migliori squadre d’Italia, quelle otto che si contenderanno
il titolo tricolore. Lo fa dalla porta principale, con quattro giornate di
anticipo, con tanti giocatori all’esordio nella categoria e altri che fino a
poco tempo fa ne erano stati snobbati. Ha impreziosito la sua ascesa superando
Siena, Varese, Virtus Bologna, violando il Pianella e battendo due volte Pesaro,
come ai vecchi tempi. Questa squadra non poteva onorare meglio la storia
reyerina nell’anno del 140° anniversario dalla sua fondazione. E questa
squadra, nella storia reyerina, c’è già entrata di diritto.
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