lunedì 7 novembre 2011

Reyer, ultimo jolly della Città

''Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare, però non ti puoi risvegliare con l'acqua alla gola, e un dolore a livello del mare: il Doge ha cambiato di casa e per mille finestre c'è solo il vagito di un bimbo che è nato, c'è solo la sirena di Mestre...''

Chissà come Francesco Guccini riscriverebbe la celebre canzone alla luce delle ultime schermaglie tra il Comune di Venezia e la Reyer. Forse la citazione poteva calzare nel 1990, quando dall' Arsenale la squadra finì in terraferma animando il dibattito cittadino, ma ora bisognerebbe inserire riferimenti a Treviso, quadranti di Tessera, Pili e nuovi luoghi-non luoghi della città. Anche Guccini si tirerebbe indietro: missione impossibile.

Una città condannata all' oblio sportivo, dopo la lenta eutanasia calcistica che ha creato una squadra che è arancioneroverde anzi no, neroverde ma bianca, in città storica ma guai a non chiamarla Unione, public company ma in mano ai russi e comunque in serie D e che del salotto buono del basket aveva solo romantici ricordi, che un bel giorno si risveglia nell' Olimpo della palla al cesto.

La spinta di un presidente generoso quanto ingombrante, che spariglia le dinamiche cittadine tirando fuori moneta sonante (caso più unico che raro... dopo tanti ''foresti'', predoni o avventurieri), ma che in cambio chiede di guidare lui il salto di qualità. Un Comune martoriato dai tagli e dai patti di stabilità, assuefatto alla rarefazione sportiva cronica, che forse si trova al posto giusto nel momento sbagliato, e forse rassegnato a certificare dai notai i fallimenti delle varie squadre cittadine.

In mezzo c'è una città che vive già i suoi problemi identitari, tra crisi occupazionali, nuovi cittadini, pulsioni e crisi varie. Una città che comunque si ritrova attorno ad un pezzo di storia importante, quella storica Reyer 2.0 riverniciata di nuovo che trascina al palazzetto migliaia di appassionati entusiasti. Il palazzetto, appunto. La casa della Reyer, il luogo in cui si celebra il massimo rito sportivo cittadino, in cui Venezia, Mestre, Marghera, Burano e Campocroce di Mirano si trovano uniti a tifare per il ''glorioso vessillo''. E nell' anno 2011 non è poco. Il problema è che il palazzetto, la casa, è fuori dal fuori porta, un esilio a tempo indeterminato in attesa che la partita a scacchi su lavori di adeguamento e concessioni si risolva anzichè protrarsi. Ma, sfortunatamente, tra i due litiganti il terzo non gode affatto.

E su questo sia l' amministrazione che la società dovrebbero riflettere seriamente. Che senso ha una squadra esiliata ad interim? Cosa porta alla comunità veneziana, metropolitana o mestropolitana che sia, un esodo quindicinale di 4500 innamorati affamati di pallacanestro? Venezia, Mestre, le isole e la terraferma hanno ora più che mai bisogno di ritrovarsi intorno ad un simbolo, che viva la città, la rianimi, vivifichi dopo troppi anni di naftalina, ma soprattutto abitare un luogo, paradigma mignon della città stessa.

Uno degli ultimi jolly da giocare si chiama Reyer, l'amministrazione dovrebbe gettare il cuore oltre l'ostacolo, la società investire su Venezia Comunità: la prova d'amore i veneziani l' hanno già data, troppe volte.

D.Marchiori - Pres. Ass. Culturale C. Reyer

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